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By Filippo Brunelli


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(Dis)Informazione al tempo di Internet
(Dis)Informazione al tempo di Internet
Il 30 ottobre del 1938 Orson Welles spaventò molti radioascoltatori con uno sceneggiato radiofonico, che simulava un invasione aliena. E' difficile immaginare che un radiodramma possa provocare un tale equivoco oggi, quando le persone possono controllare velocemente le ultime notizie sui loro smartphone, tablet e PC, ma internet, come la radio nel 1938, è una Media "relativamente giovane".
Tra i rischi presentati nel rapporto "Global risks 2013", uno dei primi rischi che viene presentato come tale è la "digital wildfires" (la pubblicazione di false informazioni o fuorvianti). 
Come nel '38 ai giorni nostri Internet ha acquistato una grande importanza per la diffusione delle informazioni, tanto che spesso vengono citati dagli stessi giornalisti, Tweet pubblicati come fonte della notizia.
Nell'estate del 2012, per esempio, un utente Twitter impersonando il ministro degli interni russo, Vladimir Kolokoltsev, ha scritto su Twitter dove diceva che il presidente Bashar al-Assad di Siria era stato "ucciso o ferito". I prezzi del petrolio greggio aumentarono di oltre un dollaro prima che i commercianti si resero conto che Assad era vivo e vegeto. Nel settembre 2012, le proteste per un film anti-islamico caricato su YouTube costarono la vita a decine di persone.
Tornando a casa nostra tempo fa era girata su Facebook la notizia di un fantomatico Senatore Cirenga che avrebbe fatto votare un disegno di legge su "fondo per parlamentari in crisi" passato con 257 voti a favore e 165 astenuti. Questa notizia, facilmente verificabile ( i senatori in Italia sono solamente 315 + 5 a vita ed il senatoe Cirenga non esiste) ha spopolato venendo ripostata su moltissimi profili.
Ma come si fa a scoprire se una notizia è vera o falsa?
Semplice basta fare una ricerca (solitamente non richiede più di 5 o 6 minuti) su google per appurare la verità.
Il problema non è nella libertà di espressione o nel mezzo che si usa – internet nel nostro caso – ma è la pigrizia del verificare quando si apprende e, soprattutto, nel voler credere una cosa anziché un'altra.

Regressione digitale.
Regressione digitale.
Sempre più spesso sento i miei amici vantarsi orgogliosamente di come il loro figlio di 7 o 8 anni "smanetti" in maniera naturale con lo smartphone o il tablet.
Io personalmente ogni volta che sento questo mi metterei le mani nei capelli e direi al loro padre :" Brutto imbecille, non vedi che sta succedendo? Non vedi che non impara nulla, che quella è una scatola vuota, con dentro tutto preconfezionato e che non gli permette di fare nulla al di fuori degli schemi prefissati? Voi che tuo figli diventi un automa?" Ma come sempre queste parole mi si chiudono nella gola.
Ho sentito dei ragazzi di 16-17 anni (che si consideravano esperti conoscitori dei computer) affermare che Bill Gates ha inventato internet, oppure non sapere che nel sistema operativo c'è "il prompt dei comandi" e confonderlo con il "vecchio DOS" (usando parole loro).
Pochi ( anzi pochissimi) si ricorderanno la pubblicità con la quale nel gennaio 1984 la Apple introdusse sul mercato il Macintosh  dicendo "…and you will see why 1984 won't be like ''1984 '' "; ma invece, a distanza di quasi trent'anni da allora proprio la Apple rappresenta uno dei più grandi pericoli per lo sviluppo della conoscenza informatica nei giovani.
Una ricerca della Bicocca dimostra che i ragazzi usano dispositivi che si connettono rete e non percepiscono Internet come un'infrastruttura di base. Stanno crescendo in un mondo nel quale non solo non sanno, ma non possono smontare, smanettare, sperimentare e quindi imparare.
Due ragazzi su tre anno uno smartphone o un tablet, ma se a loro si chiedesse qual è il principio di funzionamento dello strumento o cosa sia ad esempio un URL non saprebbero rispondere.
Questi giovani diventano puri fruitori di un mezzo e, dallo stare davanti al televisore o stare davanti al tablet od allo smartphone per tre o quattro ore al giorno non v'è ormai differenza. La rivoluzione informatica iniziata negli anni '80, quando ci si "Costruiva" il computer e ce lo si ampliava personalmente, facendoci anche i programmi è ormai finita.
L'origine del potere dirompente dei primi personal computer, in particolare del PC IBM, era il fatto che era basato su standard tecnici aperti. Con poche eccezioni, i protocolli e i linguaggi di comando di quei componenti erano noti e liberamente utilizzabili. Chiunque poteva essere hacker e sviluppare software, driver, sistemi operativi. Questo fece prosperare in modo esplosivo la cultura dell'informatica amatoriale. Il personal computer era, appunto, personal. Ci mettevi su il software e l'hardware che volevi, senza renderne conto a nessuno. Ora considerate invece un iPad: è bello, funziona bene, ma è sigillato. Niente aggiunte hardware. Provate a installarvi software non autorizzato da Apple: potete farlo soltanto pagando una licenza ad Apple o ricorrendo a un jailbreak. Il dispositivo è fisicamente vostro, ma per essere liberi di metterci il software che vi pare dovete scavalcare attivamente gli ostacoli e le restrizioni che il costruttore ha imposto. Il salto da consumatore passivo a utente creativo è diventato più lungo.
La stessa cosa sta succedendo con internet: da un luogo libero, con protocolli liberi sta sempre più diventando un posto dove pochi monopolizzano le notizie e le informazioni. Oggi la maggior parte degli utenti internet si limitano ad andare su FB (Facebook) dove tutto e "unilaterale" deciso dal gestore e basta.
I newsgroup (luoghi liberi dove ognuno poteva esprimere le proprie idee e discuterle liberamente) stanno sparendo, così come anche i forum sono sempre meno consultati e usati.
I dati indicano che stiamo rinunciando progressivamente agli elementi tecnici fondamentali che hanno permesso lo sviluppo della Rete, sostituendoli con un ecosistema hardware e software progressivamente sempre più chiuso.
Il problema è molto più grande di quanto si posso pensare, perché porta questi giovani ad essere esposti alla violazione della privacy, o a truffe online o al pericolo di prendere virus molto più degli anni passati.
Wikipedia e la falsa cultura
Wikipedia e la falsa cultura
Nel gennaio 2001, Jimmy Wales (financial trader) e Larry Sanger (dottore in filosofia) creano Wikipedia, un servizio che consentiva a chiunque di creare o editare una voce enciclopedica.
Wikipedia suscitò immediatamente l'entusiasmo dell'utenza, al punto che, dopo un solo anno di vita erano state scritte e corrette 20.000 voci. Inizialmente lo scopo di Wales e Sanger era quello di trovare editori che editassero voci per la loro enciclopedia online (Nupedia) che poi sarebbero state sottoposte al controllo di esperti nei vari settori.
Negli anni a seguire Wikipedia è cresciuta fino a toccare i 51.000 ediotrs nel 2007 ( che andavano dai 7/8 fino agli 80 anni) poi... il declino, tanto che oggi conta solamente 31.000 editors.
Il declino non è tanto nella mancanza di editors o nella scarsità di contenuti, ma quanto la loro qualità.
Vediamo di analizzarne brevemente alcuni esempi: basta fare un giro su wikipedia e ci si accorge che le voci su Pokemon, pornostar o personaggi di gossip sono complete, mentre quelle su autori ( e/o premi nobel), luoghi dell'africa sub-Sahariana ecc, sono molto approssimative.
Per fare un esempio se confrontiamo le voci relative a Fabrizio Corona e a Rudyard Kipling e vediamo che Corona vince per 2546 parole (circa) contro le 1040 di Kipling ( Dalla lista delle parole gli inidici della pagina di Kikipedia di entrambi).
Un'altro problema è quello della "Censura" che viene applicata da alcuni addetti al controllo dei contenuti che censurano i fatti che non condividono o che non hanno modo di controllare "in rete".
Due casi vorrei portare come esempio: il primo di Emanuele Mastrangelo (caporedattore di Storiainrete.com, sito specialistico, e autore di alcuni studi sul fascismo) che nel 2010 venne espulso da wikipedia in quanto "L'utente non gode più della fiducia della comunità". La colpa di Mastrangelo era di aver affermato che in Italia la fine della Seconda guerra mondiale assunse anche il carattere di una "guerra civile".
Un'altro caso è capitato ad un mio amico Rudy de Cadaval (poeta, scrittore e sceneggiatore italiano) che quando inserì la sua biografia su wikipedia in un primo memento venne censurata in quanto gli editori di wikipedia non avevano modo di trovare "in rete" i suoi riconoscimenti ed avevano bollato la pagina come autocelebrativa; invano il sing. De Cadaval ( classe 1933) cercò di mettersi in contatto con i gestori di wikipedia al fine di inviare loro copia dei riconoscimenti che non consideravano reali ( tra i quali l'Onorificenza di Cavaliere per meriti letterari assegnata nel 1989 dal Presidente della Repubblica Italiana Francesco Cossiga).
Anche questa alla fine venne accettata da wikipedia ma il sign. De Cadaval dovette ridimensionare sulla sua pagina la lista dei riconoscimenti e premi ricevuti. Il problema che si presenta con Wikipedia oggi è quindi doppio, da una parte vi è la scarsa qualità della maggior parte dei contenuti e dall'altra la monopolizzazione anche se non visibile di chi, forte di una posizione di controllo, si permette di censurare ciò che non gli aggrada.
Negli ultimi anni sono state, inoltre, molte le voci di intellettuali che si sono alzate contro wikipedia, tanto quando il progetto rischiò di cessare si lessero molti "e chi se ne frega" in rete (Massimiliano Parente: "Io festeggio, non ne potevo più. Mi godo la Treccani", Alberto Di Majo: "La nuova legge sulle intercettazioni potrebbe avere un merito inaspettato: far scomparire Wikipedia." )
Per finire è di questi giorni ( novembre 2013) la notizia che 250 editors di wikipedia sono stati esplulsi perchè scoperti di aver falsificato i contenuti dietro il pagamento di denaro, i cosiddetti "sockpuppet", gli utenti fantoccio, cioè coloro che creano un account aggiuntivo e spinti da un eccesso di autocompiacimento tessono le lodi di se stessi, società, organizzazioni o si divertono a criticare a prescindere.
A questo punto mi chiedo se non sia meglio tornare alla vecchia treccani, magari in versione cartacea che fa anche la sua bella presenza in casa...

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