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By Filippo Brunelli

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La mappa non è il territorio



La conoscenza umana del mondo è limitata dal sistema nervoso e dalla struttura del linguaggio.
Per Korzybski le persone non hanno un accesso diretto alla conoscenza della realtà, ma piuttosto accedono a percezioni ed a un insieme di credenze che la società umana ha confuso con la conoscenza diretta della realtà. Per questo motivo Korbyzki è arrivato alla teorizzazione della maetafora della mappa. L’uomo deve rendersi conto che la propria mappa mentalle, che ciascuno costruisce per comprendere la realtà che lo circonda, è solamente un paradigma di fenomeni ben più complessi.
Egli soleva ripetere che "La mappa non è il territorio", infatti i nostri sensi riescono a concepire la realtà solo in modo parziale perché funzioniamo in maniera tale che la nostra mente è soggetta a distorzioni, generalizzazioni e cancellazioni. Anche il linguaggio è soggetto a questi intoppi, visto che può indurre o auto indurre mappe limitate, generiche e dalle scelte molto limitate. Fin quando le persone non prenderanno coscienza di questo e finquando non faranno in modo di apliare le proprie mappe, i loro comportamenti saranno limitati e così anche le proprie scelte. Saranno dominati dai preconcetti e dagli stereotipi e luoghi comune che hanno assunto come una guida possibile.
Tutto questo che abbiamo esposto Korzybski lo aveva teorizzato nella sua opera monumentale dal titolo “Science and Sanity: An Introduction to Non-Aristotelian Systems and General Semantics” pupplicata nel corso del 1933. Da allora molti, in maniera tacita, hanno attinto a quest’opera, operando per certi versi un vero e proprio saccheggio. Da molti è stata anche criticata, ma a distanza di circa 80 anni le basi teoriche prendono ancora più vigore da una dimostrazione sperimentale.
Nel  1996 fu condotto uno studio con lo scopo di scoprire in che modo le persone giungono a una conclusione in base a informazioni limitate. 
Quanto siamo limitati nel valutare tutti i fatti? Queste erano el domande a cui lo studio voleva dare una risposta. Brenner e i suoi colleghi presentarono a un gruppo di volontari alcune ipotetiche cause civili per querela. Tutti i partecipanti ricevevano alcune informazioni di base sugli eventi che avevano portato al processo; successivamente, alcuni ascoltavano gli argomenti dell'avvocato di una delle parti in causa, altri quelle dell'avvocato dell'altra parte. Un ultimo gruppo, infine, essenzialmente una giuria simulata, ascoltava entrambe le versioni.
L'elemento essenziale dell'esperimento consisteva nel fatto che i partecipanti fossero totalmente consapevoli della situazione: sapevano benissimo di aver sentito solo una delle due parti coinvolte, oppure entrambi. Questo però non impedì a chi aveva ascoltato la versione di una sola parte di esprimere un giudizio con più sicurezza - e più parzialità - di chi aveva sentito entrambe le campane. Ovvero: saltavano alle conclusioni dopo aver ascoltato solo una versione dei fatti pur sapendo che ne esisteva un'altra.
Brenner, Koehler e Tversky scoprirono che invitando i partecipanti a prendere in considerazione l'altra versione la loro parzialità diminuiva: ma non scompariva del tutto. Lo studio dimostrò quindi che le persone non solo sono portate a saltare alle conclusioni dopo aver sentito una sola versione dei fatti, ma è assai probabile che continuino a farlo anche quando hanno a disposizione informazioni aggiuntive che suggerirebbero una differente conclusione. Ne conseguiva, osservarono un pò pessimisticamente gli scienziati, che “le persone non compensano a sufficienza le informazioni mancanti anche quando è assolutamente evidente che quelle che hanno sono incomplete”.
Ecco allora spiegato il motivo per cui spesso gli uomini appaiono limitati e parziali nelle loro mappe, non compensano a sufficienza le informazioni mancanti, ma la cosa buona, come sosteneva già Korzybski, è che quando si fanno notare questa limitazione, le mappe cominciano ad ampliarisi.
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