Dopo la crisi del 1929 Keynes elaborò la teoria della spesa pubblica secondo la quale il PIL cresce maggiormente tramite la spesa pubblica rispetto a quanto non farebbe con un qualsiasi altro incentivo (per esempio un calo delle tasse) e tale crescita è tanto maggiore quanto più il bilancio pubblico è in pareggio.
La teoria generale di Keynes fu l'inizio di un nuovo approccio teorico all'analisi dei fenomeni economici e alla politica economica. Nella teoria di Keynes si ipotizza la presenza di un equilibrio di sottoccupazione in cui il reddito è interamente speso e investito.
La politica keynesiana richiedeva pertanto un intervento pubblico sulla domanda per uscire dall'empasse della sottoccupazione. La spesa garantiva anche "effetti moltiplicativi" tramite il famoso meccanismo del moltiplicatore keynesiano della spesa pubblica secondo cui ogni intervento generava benefici più che proporzionali alla spesa.
In periodi di recessione i governi devono intervenire nell'economia facendo investimenti pubblici (strade, infrastrutture ecc), diminuendo gli interessi, al fine di rianimare il ciclo economico. Nei periodi di alta congiuntura i governi possono diminuire i propri investimenti diretti poiché l' economia riesce a produrre sufficiente ricchezza e lavoro.