Hikikomori è un termine giapponese che si riferisce a coloro che hanno scelto di ritirarsi dalla vita sociale.
Il Ministero della Salute giapponese definisce hikikomori coloro che si rifiutano di lasciare le proprie abitazioni e lì si isolano per un periodo che supera i sei mesi. Mentre il livello del fenomeno varia su una base individuale, nei casi più estremi alcune persone rimangono isolate per anni o anche decenni.
Questa sindome colpisce principalmente gli adolescenti.
Mentre molte persone sentono la pressione del mondo esterno ma trovano il modo di gestirla, gli hikikomori reagiscono con un completo isolamento sociale.si chiudono in una stanza per periodi prolungati, a volte per anni.
L'isolamento dalla società inizia gradualmente. La persona in questione può apparire infelice, perdere i propri amici, diventare insicura e timida, e parlare di meno.
Per parlare di vero hikikomori bisogna che siano presenti alcune componenti tipiche della cultura popolare giapponese, come la passione per il mondo manga e, soprattutto, la sostituzione dei rapporti sociali diretti con quelli mediati via internet. Quest'ultimo aspetto si configura spesso come una contraddizione in termini: la persona rifiuta i rapporti personali solo fisici, mentre, con la mediazione della rete, può addirittura passare la maggior parte del suo tempo intrattenendo relazioni sociali di vario tipo (dalle chat fino ai videogiochi online).
Non siamo quindi di fronte ad un semplice caso di disturbo psichiatrico, ma ad un complesso fenomeno che su generiche radici di tipo psicopatologico costruisce un complesso comportamento culturale dai tratti caratteristici. La dipendenza, quindi, non rappresenta una causa del disturbo, ma una conseguenza. C'è da dire anche che, in alcuni casi estremi, l'hikikomori si sente incapace persino di interagire con gli utenti in rete.
Altre caratteristiche comuni riguardano lo stile di vita: gli hikikomori, vivendo nel loro mondo chiuso e disorganizzato, sono spesso molto trasandati sia nell'aspetto che nelle abitudini. Hanno un ritmo sonno veglia totalmente sballato, sono disordinati e mangiano in modo irregolare.
«Gli adolescenti di tutto il mondo entrano in crisi, sviluppano ansia e agorafobia, ma l' hikikomori è una condizione che si trova solo in Giappone», dice Henry Grubb, psicologo dell' università del Maryland negli Stati Uniti, uno dei pochi a studiare il fenomeno in Occidente. Di chi è la colpa? Secondo l' americano dei genitori, eccessivamente passivi verso i «capricci» dei ragazzi: «Se mio figlio si rinchiudesse in camera, busserei e aprirei la porta. Semplice. Ma non in Giappone, dove tutti dicono: "Dagli tempo, vedrai che gli passa"». Secondo altri, dell' elevato tenore di vita e del rapporto simbiotico che lega madri e figli: «L' odierno Giappone è così ricco che milioni di genitori sono felici di permettere ai loro bambini di restare in casa fino a un' età avanzata, pagando senza fiatare il conto delle spese che i ragazzi fanno su Internet». Ma c' è anche un' altra spiegazione. Il Giappone che si straccia le vesti guardando in tv la faccia appassita della madre dell' eremita in cucina è lo stesso che fa la fila per comprare l' ultimo modello di playstation. Qui hanno inventato il cane-robot e il tamagotchi, il cucciolo sul display che muore se il padrone non lo coccola. Al mondo virtuale è riconosciuta pari dignità con quello reale. «Così murarsi in casa - tira le somme l' esperto - diventa la malattia rivelatrice di una generazione ansiosa, resa vulnerabile dallo straordinario progresso tecnologico». Il governo ha preso al questione molto sul serio. Nel primo studio sul fenomeno viene considerato affetto da hikikomori chiunque vive completamente isolato per più di 6 mesi. In 12 mesi - tanto è durata la ricerca - i casi segnalati dai servizi psichiatrici sono stati 6.151, il 40% fra i 16 e i 25 anni d' età, il 21% fra i 25 e i 30. L' 8% è rimasto chiuso in stanza per dieci anni o più. «Ma è solo la punta dell' iceberg», avverte lo studio. Ai moderni eremiti non piace chiedere aiuto: non si considerano malati. «All' origine di questi comportamenti c' è sempre una situazione fortemente stressante», spiegano all' Istituto psichiatrico di Tokyo. Ma anche l' omologazione avrebbe una parte: «In Giappone bisogna essere tutti uguali. L' alternativa? Autoescludersi». Sparire per sopravvivere. Alcuni dei ragazzi-tartaruga riescono a rientrare nella società. La tv ha parlato di uno di loro, Tadashi: dopo quattro anni di autoreclusione, oggi lavora come fornaio. Ha paura degli sconosciuti ed è terrorizzato dal rischio che si sparga la voce che è stato malato.