Alla fine degli anni ’90 era pensiero comune tra i nerd ed i programmatori che se si fosse dato a tutti la a possibilità di esprimersi liberamente e scambiarsi idee e informazioni, il mondo sarebbe diventato automaticamente un posto migliore. Ci sbagliavamo!
A febbraio la morte di John Perry Barlow, paroliere dei Grateful Dead, pioniere di Internet e tra i co-fondatori della Electronic Fontier Foundation ci porta a riflettere su quanto le idee espresse nella Dichiarazione di indipendenza del Cyberspazio, di cui è stato l’autore, siano state forviate ed abusate dalle stesse persone che voleva rappresentare.
Uno dei punti principali della dichiarazione recita: “Stiamo creando un mondo dove tutti possano entrare senza privilegi o pregiudizi basati su razza, potere economico, militare, o stato sociale. Stiamo creando un mondo dove chiunque, ovunque possa esprimere le proprie opinioni, non importa quanto singolari, senza paura di venire costretto al silenzio o al conformismo.”
Bene, questo mondo è stato creato ma il risultato non è quello voluto da Perry!
Non a caso un’altra delle figure fondamentali nella storia del web, il cofondatore di twitter Evan Williams, ha pubblicato le sue scuse per il contributo che il social media potrebbe aver dato alla vittoria elettorale di Donald Trump, affermando che “The Internet is Broken” e che “And it’s a lot more obvious to a lot of people that it’s broken”.
Ma cosa si è rotto?
Per prima cosa bisogna specificare che la democrazia della Rete non ha funzionato: ha un sacco di pecche, dilaga l'odio e la violenza che alberga principalmente sui social che hanno preso il posto dei newsgroup.
Gli stessi giornali hanno iniziato ad usare i social network come fonte di informazione principale perdendo la loro libertà di giudici della notizia e non solamente semplicemente coloro che la riportano.
Il web non è poi più fatto semplicemente dalle persone (come credono i molti) ma da multinazionali che veicolano ed usano ciò che sanno di noi: negli ultimi anni abbiamo messo tutti i nostri dati, le nostre abitudini e le nostre passioni nelle mani di poche grandi società (Facebook, Twitter, Google, Instagram ) che sanno cosa ci piace, cosa facciamo e dove andiamo.
In base ad una ricerca di Tech Spartan ogni minuto vengono effettuati 600.000 login su Facebook, caricate 67000 foto su Instagram, lanciati 433000 tweet ed effettuate quasi cinque milioni di ricerche su google.
Ma come si è rotto?
Il primo motivo di questa “rottura” di internet siamo noi: quando abbiamo qualcosa da dire lo affidiamo a qualcuno che lo utilizzerà per farci dei soldi. Per Facebook, Youtube, Twiter noi siamo sia il prodotto da vendere che il compratore. Attraverso di noi veicolano la pubblicità che arriva a noi ed ai nostri amici.
Tutto questo con l’illusione di essere liberi di scrivere ed esprimere le nostre idee salvo poi accorgerci che alla minima infrazione a quello che loro considerano “giusto” veniamo puniti con una sospensione temporanea o definitiva del nostro account, ma quando siamo noi a dover fare una rimostranza ci troviamo impossibilitati a farlo!
Cosa possiamo fare?
Il web si è dimostrato come il fuoco di Prometeo: donato agli uomini per uno scopo nobile viene da loro stessi distorto.
Non demonizziamo i social network: sono aziende e come tali devono generare dei profitti ed hanno trovato il modo di generare i profitti tramite le nostre debolezze e le nostre vanità: non viene più premiato il contenuto ma la visibilità di un post ( o notizie o foto).
Quindi siamo noi i primi che dobbiamo imparare a cambiare i nostri comportamenti: impariamo semplicemente ad avere buon senso e capacità di non esagerare quando si ha una tastiera fra le mani, cerchiamo meno autocelebrazione e impariamo a condividere dei contenuti di qualità…
sempre che si abbiano dei contenuti da condividere!